LA COLLEZIONE BINDI


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Vincenzo Bindi

Il lascito Bindi

La Scuola di Posillipo





immagineVincenzo Bindi (1852-1928)
Storico, nato a Giulianova nel 1852, morto a Napoli nel 1928.
Studiò legge a Napoli seguendo in pari tempo i corsi di letteratura e filosofia alla Scuola Normale Superiore.
Giovanissimo cominciò la carriera di insegnante e, sempre giovanissimo, ottenne la Direzione della Scuola Normale Femminile di Napoli.
Consacrò tutta la sua vita ad illustrare la regione natia e a raccogliere autografi ed opere d'arte.
Viaggiò in Inghilterra, Belgio, Olanda, Grermania e Svizzera.
Ebbe incarichi dal Ministero della Pubblica Istruzione e fu inviato a Parigi nel 1885 per lo studio del Chronicon Casauriense e in Germania nel 1890 per lo studio dei frammenti e delle opere di oreficeria esistenti nei musei tedeschi.
Ricoprì numerose cariche, fu decorato di vari ordini cavallereschi e fu membro di società ed accademie italiane ed estere.
Scrisse circa cento saggi tra articoli e libri di argomento storico e artistico.
La sua opera più importante Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi gli conferì notorietà a livello nazionale.
E' sepolto nel cimitero di Giulianova.


Il lascito Bindi
Vincenzo Bindi con un lascito del 3 ottobre 1927 dota la città di Giulianova di una particolare e significativa pinacoteca.
Nelle prime quarantanove pagine del lascito testamentario egli cataloga e spesso presenta criticamente 377 opere (altre sono da lui unicamente numerate) appartenenti ad un periodo estesissimo compreso tra il 1600 e il 1920 circa ed elenca 115 artisti.
L'unitarietà e la particolarità di questa raccolta sono date da due elementi precisi:
1) si tratta di opere di artisti meridionali formatisi a Napoli o che hanno avuto stretti rapporti con questa città
2) tutte le opere riconducono ad una pittura dal vero definita da Bindi stesso pittura speciale.
Il lascito si concentra in un periodo compreso tra il 1820 e il 1870, raccogliendo e presentando quasi tutti gli artisti appartenuti alla cosiddetta scuola di Posillipo, gli altri artisti sono considerati anticipatori o epigoni di questa scuola.


La Scuola di Posillipo
è una delle tendenze portanti del vedutismo romantico italiano.
Nei primi decenni dell'Ottocento l'ambiente artistico napoletano era particolarmente vivace per la persistenza della tradizione vedutistica del secolo precedente e per gli influssi esercitati dai pittori stranieri che nella città soggiornarono più o meno lungamente.
Decisiva fu la presenza di Pitloo che nel 1816 ottenne la cattedra di paesaggio nell'Accademia napoletana; ma importanti furono anche i soggiorni, negli anni venti, di grandi maestri del paesaggismo europeo, da Corot a Turner.
Pitloo aveva l'abitudine di abbozzare i dipinti sulla carta, avendo di fronte il paesaggio reale da ritrarre e di completare poi l'opera in studio incollando la carta sulla tela: ciò comportava un allontanamento dai formalismi e schematismi accademici per quel tempo straordinario.
Attorno a questi punti di riferimento si venne aggregando negli anni trenta la cosiddetta Scuola di Posillipo cui parteciparono pittori dediti alla pittura di paesaggio - genere molto gradito, per esempio, ai viaggiatori stranieri che acquistavano le tele come souvenir di Napoli - e a una ricerca basata sugli accordi cromatici e tonali.

Il napoletano Giacinto Gigante (1806-1876) fu il caposcuola di questi artisti (fra cui ricorderemo il fratello minore Ercole, Raffaele, e Consalvo Carelli, suocero di Vincenzo Bindi, e soprattutto Gabriele Smargiassi) e rappresentò il paesaggio - prevalentemente quello di Napoli e dintorni - con una particolare accentuazione lirica determinata dalla cura nella descrizione di atmosfere luminose esaltate da esatte intonazioni cromatiche.
L'impostazione scenografica di molte sue opere era conseguenza di un'abitudine ottica derivata dalla sua attività di topografo (topografo è colui che riporta sulla carta unaa determinata parte della superficie terrestre. Da topografia: Es. la topografia di Roma, rappresentazione della distribuzione delle strade e dei monumenti della città di Roma ) mentre la sua predilezione per aspetti maestosi o terribili della natura (boschi con alberi immensi, orride rupi, stagni lividi) è segnale dell'influenza esercitata su di lui dal vedutismo nordico assorbito tramite Pitloo.
Fu proprio il prevalere del gusto del pittoresco ad allontanare i posillipisti da una pittura strettamente "dal vero".

quadri scelti per il percorso riservato ai ragazzi delle scuole







Il fatto che questi artisti non dipingessero in studio ma che si avvalessero, almeno per una prima stesura, di una pittura " sul posto", rappresentava per quei tempi, una vera e propria "rivoluzione", i "posillipisti" infrangevano in questo modo una consuetudine mai messa prima in discussione.
Il fatto poi che le loro opere venissero vendute ai viaggiatori era fonte di scherno da parte dei pittori accademici che avevano della pittura l'idea che fosse riservata solo a pochi.
A fare della pittura totalmente all'aria aperta (en plein air) furono invece gli Impressionisti francesi, di poco posteriori ai "posillipisti".
Affascinati dalla luce e dai suoi riflessi, cercarono di riprodurre sulla tela l'impressione che la retina ha di un un certo oggetto a seconda appunto del variare della luce del sole.
Il nostro Museo virtuale, realizzato appositamente per farvi vedere come varia col tempo il rapporto tra artista e paesaggio, propone come prime tele proprio due famosi quadri dell'impressionista Monet .

Prosegui la visita con il "Museo Virtuale" (medie e superiori)

Guardiamo insieme un'opera (elementari)

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